La mano corre veloce ed esperta su un pezzo di pomice che prenderà la forma di un gufo. Ma per Francesco Correnti quella dimostrazione è parte del racconto di una vita dedicata alla scultura.

A verderlo a pochi metri dall’imbarco per l’Isola di Mozia appare distratto e quasi scostante. Occhiali da sole e cappello a larghe falde, tratta i turisti che gli passano davanti maniera distratta, forse alla ricerca di qualcuno che sappia guardare oltre le sue piccole sculture di pietra pomice. Già, perchè Francesco da molti anni a smesso di lavorare il tufo e utilizza una pietra più leggera. “Era diventato un problema caricare in aereo troppi chili – ci spiega – così ho iniziato a lavorare la pomice”.

Ci colpiscono i colori, che sembrano proprio quelli del tufo. “Utilizzo colori naturali che realizzo io, usando erbe e una procedura ‘segreta’ che non ho svelato neanche ai tanti professori di storia dell’arte che accompagnavano le classi in visita alle saline”.

Alcuni segreti però ce li svela quando – forse avendo passato l’esame delle prime domande – ci apre un faldone impolverato della sottile polvere di pomice.

E dentro quei fogli plastificati legati da anelli, articoli e fotografie che svelano un Correnti scultore dei soggetti più disparati: arte africana, totem e maschere, arte presepiale e statue orientaleggianti. Torna sulla sua pittura naturale spiegandoci che nelle sculture non turistica utilizza quattro colori che ricava da foglie e radici, ma non ci rivela ne’ ingredienti ne’ procedure. “Non vengo sempre qui al Mulino – quasi a voler prendere distanza dalla “vendita turistica” – però quando qui vengono le scuole, e in primavera sono decine di pullman al giorno, ogni bambino si porta a casa una calamita o un piccolo mulino”.

La cura dei dettagli anche nelle “opere minori” di Correnti è straordinaria. Quelle piccole realizzazioni ma uguali l’una all’altra raccontano un panorama che tra Trapani e Marsala sta lentamente scomparendo.

Artista per caso, pensionato dell’aeronautica, Francesco Correnti è anche il capostipite di una famiglia nella quale, fino ad adesso, la passione per l’arte è rimasta solo a suo appannaggio. “I miei figli non hanno mai avuto questa passione – ci dice scanzonato ma in realtà preoccupato di non avere un erede – spero nei miei nipotini che di tanto in tanto trascorrono qualche giornata qui con me incuriosendosi per quello che ho realizzato”.

Ci guardiamo intorno, prima di entrare nello spazio di pertinenza del Mulino e ci rendiamo conto che quest’uomo strano, questo pensionato dal lavoro ma non dalla sua passione, è diventato un elemento ormai indispensabile.