Una tradizione antica che rimette in moto una comunità. Gli “Archi di Pasqua” rappresentano per San Biagio Platani un appuntamento che, in questo più che in altri anni, segna la vita di un popolo. Non c’è Pasqua per i sanbiagiesi senza che il corso principale del paese sia trasformato con le istallazioni, tutte realizzate con elementi naturali, dedicate alla Madonna e al Signore Risorto.

Gli albori degli “Archi di Pasqua” risalgono al ‘700, quando per celebrare, nel giorno della Pasqua, la resurrezione del Cristo e l’incontro con la madre, i pochi abitanti, circa un migliaio, con elementi provenienti dalla povera vita di contadini hanno trovato il modo di onorare il mistero di Gesù Risorto e la devozione alla Madonna.

Da allora i “madunnari” e i “signurari”, le due confraternite del paese, si dividono il Corso Umberto I con al centro la Chiesa dedicata a S. Biagio. Da una parte l’azzurro degli archi dedicati alla Madonna, dall’altra quelli rossi dedicati a Gesù a creare la sensazione di trovarsi tra le navate di una chiesa gotica. Gli archi sono realizzati con canne e salice e abbelliti con addobbi fatti di pane, finemente lavorarti. Mosaici di semi e di pietra disegnano i quadri che raccontano il tema scelto. Le “nimpe” illuminano queste mirabolanti istallazioni: si tratta di lampadari realizzati con materiali poveri come la pasta, il legno, stoffe e carta. Quest’anno i “signurari” hanno scelto la Sicilia mentre i “madonnari” le stagioni della vita.

Arrivare nel tardo pomeriggio a San Biagio quando il sole è ancora alto e illumina il corso, attendendo il tramonto che svela. attraverso le luci delle “nimpe”, particolari inattesi, è un’esperienza sorprendente. Le centinaia di persone che affollano gli archi, curiose e interessate, raccontano di una iniziativa riuscita, che sarà visitabile fino al 6 Maggio.

Il valore degli “Archi di Pasqua” non è solo nella qualità artistica e culturale ma sta soprattutto nella dimensione comunitaria che è capace di mettere in moto. Quest’anno soprattutto. Le vicende che hanno riguardato l’amministrazione comunale, con l’arresto del sindaco e quindi le sue dimissioni, per il coinvolgimento in una operazione antimafia, avevo messo a rischio il regolare svolgimento dell’evento.

I sanbiagesi hanno saputo reagire e alla preparazione di quest’anno hanno collaborato decine di persone, molti giovani. “È stato un modo concreto per ripartire – ci spiega Peppe Savarino, tra gli organizzatori- non potevamo accettare che il nome di San Biagio Platani fosse accostato a quello della mafia”. Non è un caso che tra le istallazioni di quest’anno spiccavano due bassorilievi raffiguranti Peppino Impastato e Don Pino Puglisi.

A girare tra i “magazzini”, i laboratori dove si è lavorato da mesi per la realizzazione degli archi, si respirava un clima serio e al contempo gioioso. La signora Maria ci racconta che non dava una mano da tanti anni ma “che quest’anno non poteva mancare”. Nelle sere e nelle notti, in cui si sono intrecciati arbusti, decorati lampadari e cotto il pane, si è tessuta una trama forte e resistente tra le generazioni perché non ci può essere identità senza comunità. E senza elementi identitari anche le relazioni rischiano superficialità.

Le storie di riscatto non passano solo attraverso le gesta di eroi, ma sono spesso frutto di un percorso collettivo che ricostruisce dignità. E queste ultime sono quelle che ci piacciono di più.

 

Fotogallery – Archi di Pasqua, San Biagio Platani