NIcolò Azoti

“E finì a musica a Baucina”

La storia di Nicolò Azoti nel racconto della figlia Antonella:

«Papà aveva abbracciato la causa dei contadini sfruttati, sottomessi, affamati dal sistema del latifondo, impegnandosi affinché i Decreti Gullo, emanati nell’ottobre 1944, trovassero giusta attuazione. Essi sancivano l’assegnazione delle terre incolte e mal coltivate dei feudi ai contadini riuniti in cooperative e modificavano il rapporto di mezzadria e colonìa tra lavoratori e proprietari.

Agrari e gabelloti, però, colpiti negli interessi economici, ma soprattutto nel prestigio e nel potere, sostennero che quella legge, in Sicilia, fosse inapplicabile dato il regime alto-commissariale vigente. 

Le cooperative nascevano e si moltiplicavano, ma si cominciarono anche le minacce nei confronti dei sindacalisti definiti “rossi, ladri e fannulloni”. E quando le loro certezze cominciarono a vacillare, si armarono e risposero con la violenza. 

Mio padre, segretario della Camera del lavoro di Baucina, fondatore della cooperativa San Marco, assegnataria di una piccola parte del feudo Traversa, fu uno dei primi a morire. E con lui decine di dirigenti sindacali, colpevoli di svolgere un ruolo decisivo perché in Sicilia, la democrazia nascesse e si radicasse anche nelle piccole comunità. 

“Cola, Cola, chi ti ficiru?” urlava la mamma e una voce flebile, irriconoscibile, poco distante rispondeva: “Mimì, mi spararu”. Era la notte del 21 dicembre del 1946 e papà, terrorizzato, ferito, affaticato, raggiungeva casa e, sorretto dalla mamma, si abbandonava, sul letto, il mio letto. Trasportato in ospedale, sarebbe morto due giorni dopo, non senza aver fatto nome e cognome del presunto mandante: il gabelloto del feudo Traversa, che solo qualche settimana prima lo aveva minacciato, quando papà, con regolare decreto prefettizio, si era recato sul feudo, insieme ai contadini, per prendere possesso delle terre assegnate alla cooperativa S. Marco. “Cola, stai attento a quello che fai, perché te la farò pagare”. Poi cinque colpi di pistola lo sorpresero alle spalle mentre tornava a casa dalla Camera del lavoro. 

Nicolò era un musicista eccellente, era capace di suonare tutti gli ottoni, ma preferiva il suo bombardino. Conosceva a memoria gli spartiti delle opere liriche più famose, che soleva cantare e fischiettare mentre lavorava, tenendo in allegria tutto il vicinato.  Era lui la figura centrale della banda musicale, conosciuta come tra le più importanti della provincia di Palermo e, per questo, spesso, in trasferta nei vari comuni della Sicilia. Quando si seppe della sua morte, in tanti, con dolore e sgomento, commentarono:“E finì a musica di Baucina”».