San Biagio Platani, paesino dell’entroterra agrigentino, perla incastonata nel gioiello dei Monti Sicani, famoso per gli Archi di pane – di cui abbiamo raccontato – che arredano il centro del paese dalla notte di Pasqua fino a quando risulta possibile tenerli su. Tra le circa 3000 anime di Sammrasi, così si chiama in lingua madre, ce n’è una particolare, una davvero speciale: quella di Aldo. Certo ce l’ha un cognome, ma per tutti è Aldo e basta, il suo nome è sufficiente ad individuarlo. Non ama la ribalta, non gradisce che si parli di lui – ci perdonerà? – non frequenta le ormai irrinunciabili platee social, eppure è conosciuto ovunque e da chiunque.

Chi ha la fortuna di entrare nel suo mondo incantato, ne rimane affascinato, quasi rapito. Tutti i luoghi in cui trascorre le sue lunghe, laboriose, talvolta faticose, ma calme e lente giornate, sono avvolti da un flusso di energie davvero incredibili. Entrare dalla porta del suo laboratorio in paese, del suo rifugio in campagna, o della casa in cui riposa è come affrontare un passaggio in una dimensione parallela, quasi surreale. Per noi che viviamo in un mondo in continua corsa, sottoposti a ritmi innaturali, oberati di scadenze, limiti, numeri e assillati dai risultati, attanagliati dalla mancanza di tempo, conoscere Aldo funziona come uno “stop”, un “alt!”, ci interroga profondamente e ci rivela – talvolta – la futilità delle nostre corse e rincorse.

Aldo è il folletto delle erbe officinali, le conosce tutte, ha esperienza di tutte le loro proprietà, dei benefici o dei malefici. Non c’è stanza, angolo, anfratto in cui non ci sia una vetrinetta, uno scaffale, un armadietto con bottiglie e bottigliette, barattoli, boccettine e alambicchi tutti recanti preziosi oli essenziali, oleoliti e altri rimedi offerti gratuitamente dalla Natura ed estratti sapientemente da Aldo e da chi come lui conosce le tecniche giuste per ottenere rimedi che consentano di rimanere o tornare in armonia col creato.

Attenzione, Aldo non è una farmacia naturopatica, no, è certamente molto di più: è la dimostrazione visibile e tangibile di come il benessere parta proprio dall’armonia con noi stessi e di noi stessi con l’ambiente fisico e metafisico che ci circonda.

Il modo migliore per spiegare – forse – tutto questo è raccontare una giornata da Aldo. Ci hanno portati da Aldo – ci arrivi sempre perché qualcuno ti porta da lui, non perché sia impossibile arrivarci da soli, ma semplicemente perché chi lo conosce sente il bisogno di farlo conoscere a quanta più gente possibile – siamo entrati nel suo laboratorio e lo abbiamo trovato impegnato nella preparazione di pacchi pieni di erbette, oli aromatici, farine biologiche, preparati per tisane e tante altre meraviglie, che avrebbero raggiunto varie parti d’Italia e non solo.

Ci presentano ad Aldo e subito, colti e coinvolti da quel lavorìo, da quell’irresistibile atmosfera di operosità, chiediamo “c’è qualcosa da fare?” e lui ci indica il tavolo – un pezzo di tavolo, quell’unica parte rimasta libera – con le bustine già pronte di semi di finocchio e le etichette da apporre. Ci mostra la giusta tecnica per procedere e ci mettiamo all’opera, felici, grati e soddisfatti. Intorno a noi, mazzi di spighe, bouquet di lavanda, quadri e ninnoli, attrezzi agricoli che raccontano fatiche passate, ma ancora incredibilmente e romanticamente attuali.

Qualcuno starnutisce e in men che non si dica, Aldo tira fuori la sua boccettina miracolosa “Respiro” dice l’etichetta, poche gocce e tutto si decongestiona. Il ritmo è scandito dai suoi racconti, tanti, belli, profondi, non mancano battutine sagaci che condiscono quella mattinata di lavoro collaborativo.

È l’ora del pranzo, la giornata non invita a star fuori, ma lui propone di andare in campagna e accettiamo convinti che il freddo, i nuvoloni, la terra bagnata, non impediranno i nostri programmi. Ci siamo fidati e abbiamo fatto bene. Ci spostiamo, in realtà, di qualche centinaio di metri e tanto basta per essere “in campagna” e sulla stradina che conduce al rifugio, Aldo ci invita a raccogliere delle erbette che lui chiama per nome, ma che per noi profani sono solo erbette. Non abbiamo idea di quello che combinerà con quel colorato raccolto. Intanto, andiamo ad esplorare i dintorni e scopriamo una casa sull’albero – è vera – un luogo magico, mistico, quasi sacro. Non vi si può entrare con le scarpe, per non profanarlo, per non sporcarlo.

Proseguiamo il nostro giro e ci imbattiamo in un’altra casetta che ci dicono essere l’essiccatoio delle piante aromatiche. Ci colpisce lo spazio antistante: è attorniato da monumentini di pietra, simili a piccoli dolmen, c’è un che di esoterico in quel piccolo spiazzo e Aldo, che nel frattempo ci ha raggiunti, ci dice che quello è un calendario, il ciclo cosmico di Empedocle interpretato da lui.

Ci mostra il suo drago con l’occhio vigile, la suora orante e altre figure che popolano e abitano quel  microcosmo bucolico e facciamo pian piano ritorno verso la casetta principale, dove ci attende una tavola imbandita di squisitezze tanto semplici quanto gustose.

Una cosa in particolare cattura la nostra attenzione, un vassoio con delle coloratissime bruschette: ecco dove sono finite le erbette! Aldo le ha usate per realizzare il suo famoso “conso”, ossia un battuto di erbette selvatiche, olio, limone, capperi e pepe. Una delizia inenarrabile! Questo il nostro antipasto, ma in attesa della pasta – di grano integrale di tumminia con pomodoro, cipolla e olio d’oliva – assaggiamo il pecorino semistagionato prodotto in loco, che accompagniamo a pane integrale e olive nere, “i passuluna”, e irroriamo con un buon vino rosso.

Non ci sono parole, davvero!

Ci rilassiamo ancora un po’ e facciamo ritorno al laboratorio, dove Aldo ci riempie di bustine e bottigliette e ci salutiamo con la promessa di vederci molto presto.

Aldo torneremo e sicuramente non saremo da soli!