È il giorno più lungo dell’anno. Il sole sembra fermarsi nel punto più alto del cielo, per tre giorni, per poi riprendere il suo cammino. Per gli antichi era il senso del susseguirsi delle stagioni, insieme al solstizio d’inverno, il giorno più breve. La Sicilia è attraversata da segni tangibili di questa relazione tra uomo e natura.

La parola deriva dal latino (solstitium, composto da sol-, “Sole” e -sistere, “fermarsi”) ma già le culture preistoriche avevano dato grande importanza ai solstizi. Quello estivo e quello invernale che nell’emisfero boreale, segnano il momento in cui il sole raggiunge l’altezza massima possibile (20/21 giugno) e quella minima (21/22dicembre). Due passaggi decisivi in cui l’orologio della natura sembra fermarsi e ripartire.

La Sicilia è disseminata di tracce che ci raccontano della volontà dell’uomo di voler possedere, fermare, in qualche modo, questi momenti eccezionali. Esistono in Sicilia una serie di luoghi straordinari dove si trovano le “pietre calendario”, legate a fenomeni astronomici, incredibilmente realizzate dalla mano dell’uomo.

Una delle ultime scoperte, in ordine di tempo, è il cosiddetto “’occhio della balena” in contrada Rocche a Pietraperzia dove, durante il solstizio d’estate, i raggi del sole penetrano nell’antica struttura di calcarenite bianca, quasi raccogliendo il sole e facendolo esplodere da un foro.

In Sicilia sono state ritrovare strutture similari – si tratta di megaliti con forma triangolare con al centro un foro artificiale – per individuare il passaggio del sole nei solstizi come a Castellammare del Golfo (Trapani), a Cozzo Olivo a Gela (Caltanissetta), a Monte Arcivocalotto a San Cipirrello (Palermo), a Monte Taja a Caltabellotta (Agrigento). La scoperta di Custonaci (Trapani) è probabilmente la scoperta più straordinaria: non una roccia forata, ma un gigantesco monolite con le sembianze di un cavallo tra le cui zampe il sole tramonta nel giorno del solstizio d’inverno.

Questi calendari astronomici sono luoghi straordinari che stanno ri-emergendo grazie al lavoro di archeologi e ricercatori che convergono nell’affermare che le campagne siciliane si sono rivelate un patrimonio archeo-astronomico di inestimabile valore risalente al periodo compreso tra i 5500 e i 3600 anni fa, quando ancora in Egitto non esistevano le piramidi.

Stupefacente è invece l’altopiano dell’Argimusco, a circa 1200 metri di quota sospeso tra i monti Nebrodi e i Peloritani, a pochi chilometri dall’abitato di Montalbano Elicona, in Provincia di Messina. Con un panorama mozzafiato  con a nord, sul mar Tirreno, le sette isole Eolie e a sud il vulcano dell’Etna, nel pianoro si ergono diversi monoliti di arenaria quarzosa che sembrano assumere forme umane o animali.

Secondo studi recenti, a differenza delle altre località, dove è stato l’uomo a realizzare manufatti di roccia o totem in corrispondenza del sorgere del sole, il pianoro dell’Argimusco con la Rocca di Novara all’orizzonte sarebbero un grande calendario astronomico naturale a cielo aperto. Un luogo magico, spazio di un misticismo profondo.

Il senso di questi luoghi ci racconta una relazione intensa delle genti di Sicilia con la terra, il tempo e l’anima: un Sicilia solare che esiste anche oggi.