Un pezzo di terra, una casetta in legno, un gruppo di tende, una roulotte e un frigorifero all’ombra di un ulivo. Non è l’inizio di uno di quei rompicapi nei quali devi utilizzare tutti gli elementi per uscire da un labirinto, ma una storia densa di Sicilia, di occhi che guardano e mani che lavorano.

Siamo in Provincia di Palermo, a pochi chilometri da Partinico e vicini a Trappeto, nei pressi di quel golfo meraviglioso che parte da S. Vito Lo Capo e arriva fino a Terrasini.

Il terreno, di circa 6 mila metri quadri, dopo la confisca a è stato affidato nel 2008,  dal Comune di Partinico, all’ENPA Onlus (Ente Nazionale Protezione Animali). Il bene era di proprietà di Alessandro Brigati arrestato per estorsione con l’aggravante del metodo mafioso, oggi sorvegliato speciale in condizioni di libertà vigilata

L’ENPA vi ha attivato la “Piccola fattoria didattica della legalità” svolgendo attività agricole ed educative. Agricoltura e apicoltura biologiche, compostaggio, laboratorio del sapone artigianale e allevamento del baco da seta sono queste le principali attività.

Unico punto di appoggio del terreno una casetta in legno che diventa la base logistica per tutte le attività che coinvolgono spesso bambini e ragazzi delle scuole del territorio, ma anche piccoli corsi per apicoltori, ricovero per qualche animale in convalescenza.

Storia di riutilizzo sociale di un bene confiscato alle mafie.

Con qualche “piccola” controindicazione. La particella di terreno confinante con il terreno di Trappeto è rimasta nella disponibilità dello stesso Brigati, che da sorvegliato speciale vi può accedere. Appare evidente, in questo come in altri casi, la peculiarità di queste forme di “vicinato”. Ma non è tutto qui.

Ogni estate quel luogo, come per magia, si fa profetico. Si anima di presenze, si riempie di speranze. Decine di ragazze e ragazzi, provenienti da tutte le parti d’Italia, si ritrovano a Trappeto, in quel pezzo di terra, per partecipare ai Campi che “Libera, associazioni, nomi e numeri contro le mafie” organizza nei beni confiscati insieme agli enti gestori.

Anima e cuore dei Campi di Trappeto, Roberto Dominici e Floriana Marino.

Non c’è foresteria, quindi i ragazzi dormono in tenda. “Quest’anno – ci spiega Floriana – ci siamo presi il lusso di procurarci una roulotte, perchè dormire in tenda per tante settimane era diventato troppo faticoso”. Già, perchè a Trappeto si fanno campi da Luglio a Settembre. Tra le migliorie di quest’anno lo spostamento di una staccionata, che ospita un cavallo, cosi “abbiamo recuperato l’ombra di un albero per un cerchio pomeridiano” racconta. Il frigorifero sta all’aperto sotto l’ulivo semplicemente perché è il punto più raggiungibile dalla prolunga dei vicini. La casetta è elettrificata dal gruppo elettrogeno e ospita la cucina, le docce sono all’aperto.

Sentiamo qualche urlo che proviene da li. “I ragazzi spesso dimenticano che di pomeriggio l’acqua è caldissima perchè le cisterne sono al sole, cosi si ustionano” ci ragguaglia Roberto. Una precarietà naturale, forse necessaria per consentire ai giovani volontari di entrare in una dimensione predisposta all’ascolto. “Spesso si lamentano di fare poca attività manuale – racconta Roberto – perchè le attività educative occupano una buona parte della giornata ma in realtà l’equilibrio è perfetto”.

Due macchine e un furgoncino e nei sette giorni di permanenza incontrano testimoni, familiari di vittime di mafia, entrano nelle dinamiche delle mafie, scoprono le mille storie di impegno della provincia di Palermo. “Lo fanno assieme, uniti – spiega Dominici – ragazze e ragazzi che fino a quel momento neanche si conoscevano stabiliscono legami impensabili nella quotidianità, lo fanno perchè cerchiamo di trasmettere il nostro amore per la Sicilia. Sono anche il nostro carburante ci danno il senso dell’impegno che ci mettiamo durante tutto l’anno”.

Ci invitano a restare per quella che chiamano “restituzione”, il momento finale del campo, in cui ci si scambiano impressioni e valutazioni. Un momento personale e collettivo, del quale scrivere è, forse, violare una intimità fatta di sguardi, lacrime, gratitudine. Si ha la sensazione che il miracolo si è compiuto. Ragazzi con accenti che parlano di regioni del centro-nord, sono stati scossi da una settimana di relazioni significative, tra loro, con i testimoni e con gli educatori. Si sentono cambiati. Hanno 15, 17, 23, 24 anni. Hanno nel cuore e negli occhi la Sicilia, l’hanno toccata con le mani e soprattutto l’hanno condivisa. E la portano a casa.

Sarebbe sciocco, qui, indugiare sui dettagli. L’insieme ha l’apparenza di un’anima viva. Un miracolo.

Roberto salutandoci ci dice “Hanno fatto tutto loro”. Ma in fondo sa che non è così

 

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