Da restauratore a ricreatore, per Massimiliano Casilli il rapporto con il passato è stato sempre centrale ma da due anni si è profondamente trasformato al punto da cambiare nome.

Oggi Masilli è un artigiano che manipola immagini siciliane tradizionali proponendo opere radicate nella storia della nostra isola ma profondamente moderne.

Massimiliano è un restauratore di professione, da giovanissimo ha lavorato presso laboratori del suo territorio, con l’hobby dell’artigianato. “Mi dilettavo a realizzare gioielli e altre opere, ma la svolta – ci racconta – è venuta dopo il mio viaggio in Portogallo”. Per le vie di Lisbona, Massimiliano è incuriosito da pittori, che agli angoli delle strade, reinterpretano immagini della tradizione con un approccio modernizzante. “Mi colpiva come fossero capaci di reinventare anche immagini sacre – ci spiega – attraverso uno sguardo moderno che però valorizzava la storia di quel popolo”.

Tornato in Italia, nella sua S. Lucia del Mela, in provincia di Messina, Massimiliano si immerge nella ricerca di immagini che hanno caratterizzato la storia della Sicilia. “Era come vedere quelle immagini per la prima volta, mi rendevo conto del valore dei colori, delle forme, degli elementi ornamentali che raccontavano la nostra terra”. Come aveva visto fare dai colleghi portoghesi, il futuro Masilli comincia a disegnare, a dipingere reiventando quelle immagini attraverso “gli occhi dei nostri tempi”.

È in questa fase creativa che Massimiliano incontra una leggenda.

La storia della donna palermitana vissuta alla Kalsa, antico quartiere della città di Palermo, nel periodo della dominazione araba in Sicilia. Una ragazza bellissima che aveva come principale occupazione quella di curare i fiori del suo balcone. La donna fece perdutamente innamorare un principe, un giovane moro, che passava sotto il suo balcone. Questi veementemente entrò in casa e le dichiarò il suo amore. La ragazza, colpita dall’ardito sentimento di quello straniero, lo ricambiò. La passione fu impetuosa e travolgente. Breve però. La ragazza ben presto scoprì che il principe sarebbe dovuto tornare in Asia dove lo attendevano moglie e figli. La reazione della donna fu tragica e funesta. Approfittando del sonno dell’amato, lo uccise. La donna decise che il principe non l’avrebbe più abbandonata, gli tagliò la testa, la svuotò e la trasformo in un vaso dove piantò del basilico, l’erba dei sovrani, che espose nel suo balcone, insieme alle altre piante. I vicini colpiti dalla bellezza del vaso, cominciarono a chiedere ai ceramisti di riprodurlo.

Una leggenda macabra che racconta, però, di una passione che supera le barriere. “Mi è sembrata una storia modernissima – sottolinea Masilli – di una Sicilia dove era possibile innamorarsi a prescindere dal colore della pelle: altro che cose antiche, mi sono sembrati molto avanti”.

“Ai volti tradizionali di ceramiche e stampe, ho voluto sostituire volti di uomini e donne di oggi, quasi a segnalare l’eternità di quella storia”. Nelle opere di Masilli infatti le fattezze “classiche” delle cosiddette “teste di Moro” sono trasformare “reinventate” – come ama ripetere – ornate di frutti e piante coloratissimi ma vivificate, vive. Attraverso la mano sapiente di chi vuole farsi chiamare “artigiano non artista”, le immagini del passato ritrovano una nuova vita. Un’operazione ardita, per qualcuno, come coraggioso l’amore del moro che senza chiedere il permesso entra a casa della bella palermitana.

Con una semplicità disarmante Masilli ci spiega il senso dei suoi lavori, per i quali sta pensando a nuovi soggetti: “è un modo di reinterpretare il passato della nostra terra e custodirne il valore dentro forme nuove”. Un’azione rivoluzionaria a guardarla in profondità.